martedì 28 febbraio 2017

La ‘nduja spilinghese di Caccamo vince Campionato Italiano del Salame


 
Minori (Salerno) - L’hanno incoronata migliore ‘nduja in assoluto. Ed è stata insignita sul podio più elevato alla finalissima del Campionato Italiano del Salame che si è concluso a Minori “Città del Gusto” (Salerno). Quello dell’Artigiano della ‘nduja di Spilinga di Luigi Caccamo è stato un autentico trionfo all’undicesima edizione del Campionato Italiano del Salame organizzato dall’Accademia delle 5T (Territorio, Tradizione, Tipicità, Trasparenza, Tracciabilità). La manifestazione è considerata nel settore la più prestigiosa in Italia ed ha il patrocinio del MIPAAF, di diversi Atenei e dell’AEHT (l’Associazione europea delle scuole alberghiere e di turismo).
“Sono particolarmente soddisfatto di questo premio – ha dichiarato Luigi Caccamo – per il riconoscimento al nostro lavoro ed a tutti i nostri collaboratori.


Ci gratifica particolarmente perché scopo dichiarato dell’importante manifestazione è quello di rendere onore ai salumi non solo più buoni e genuini, ma anche più coerenti con la tradizione del loro territorio”.
CONTINUA LA LETTURA CLICCA QUI
fonte:www.lametino.it

sabato 25 febbraio 2017

Il via la settimana rosso-piccante in tutti gli Hard Rock Cafe d’Europa vede protagonisti l’italiana Nduja e la salsa Scotch Bonnet.


 

Prende il via la settimana rosso-piccante in tutti gli Hard Rock Cafe d’Europa che fino al 26 febbraio vede protagonisti l’italiana Nduja e la salsa Scotch Bonnet.
Gli Hard Rock Cafe di Roma, Firenze e Venezia si tingono dunque di rosso con un menu, al chilly dall’antipasto al dolci e persino nei cocktail, che risponde ai gusti di chi apprezza piccantezza e un uso audace e creativo del peperoncino.




Nduja Chilli Burger, Atomic Chicken Wings, Apple Chilli Martini, Chilli Molten Lava, sono i nomi piuttosto evocativi dei piatti della settimana rossa proposti dalla catena di ristoranti in vista di giovedì 23 febbraio quando, nei quattro angoli del pianeta, si celebra il "National Chilli Day".
Il peperoncino piccante è una delle solanacee più antiche e diffuse nel mondo. Spesso usato come moneta di scambio, talvolta come ingrediente per ricette di bellezza, si è conquistato il posto di primordine in numerosi piatti internazionali, nonché una giornata di festeggiamenti ogni quarto giovedì di febbraio.

MARINA DI GIOIOSA: AVVISTATO SQUALO SPIAGGIATO




Pochi minuti a Marina di Gioiosa Jonica lato nord é stato avvistato spiaggiato un esemplare di squalo lungo all’incirca  2,80 m. Molto probabilmente è stato addescato da qualche imbarcazione di pescatori. L’esemplare aveva ancora un amo conficcato.


 Da una prima valutazione, il pesce dovrebbe essere ancora cucciolo.GIUSEPPE MAZZAFERRO
Fonte:www.telemia.it

martedì 21 febbraio 2017

IL TARTUFO DI PIZZO






Il tartufo di Pizzo è un gelato monoporzione, in carta,  alla nocciola o al cioccolato, uno dei prodotti tipici della pasticceria calabrese rinomato sia in Italia che in Europa. Ha la forma di semisfera con al centro un cuore di cacao fondente che ha la caratteristica di sciogliersi prima del gelato (creando un contrasto tra dolce ed amaro irresistibile anche ai palati più esigenti), modellato con il palmo della mano e ricoperto da un spolverata di cacao amaro in polvere.  La produzione è tradizionalmente artigianale nelle gelaterie di Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia, fin dagli anni ’50. Il  suo nome deriva dalla somiglianza con il rinomato fungo e da “Pizzo” località natale. E’ un gelato che si distingue per la genuinità conseguenza dall’uso di ingredienti naturali freschi quali latte intero, zucchero, destrosio, tuorli di uova, nocciole e cacao escludendo l’uso di grassi vegetali, alimenti in polvere, conservanti e coloranti ottenendo dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta).
Il tartufo di Pizzo viene esportato quale dessert nei menù dei più rinomati ristoranti ma la degustazione nelle piazze della bella cittadina tirrenica, dove le gelaterie fanno a a gara per proporre il prodotto migliore, ha un gusto particolare e unico.


LA STORIA DEL TARTUFO DI PIZZO
Il tartufo di Pizzo è un prodotto tipico della pasticceria calabrese con una storia relativamente giovane visto che dalla sua origine è trascorso poco più di mezzo secolo. La versione ufficiale narra che nei primi anni Quaranta dello scorso secolo, un maestro pasticcere messinese, tale Dante Veronelli, rileva il “Gran Bar Excelsior”, che in seguito cambierà il nome in “Gelateria Dante”, ubicato nella centralissima Piazza della Repubblica a Pizzo Calabro. Il maestro gelatiere siciliano si avvale, per la conduzione dell’attività, della collaborazione di un suo concittadino conosciuto come “don Pippo” al secolo Giuseppe De Maria facendosi ben presto notare per la grande qualità e il gusto dei loro prodotti. Alla morte di Veronelli, Don Pippo De Maria rimane l’unico gestore della gelateria realizzando nel 1952, casualmente, quello che sarà un “gioiello della pasticceria calabrese” e non solo.
Tutto nasce quando, durante un matrimonio, don Pippo si ritrova senza formine per il confezionamento del gelato per i numerosi invitati e la necessità, quindi, di inventarsi qualcosa per sopperire a tale mancanza. Nell’incavo della sua mano sovrappone due porzioni di gelato una al gusto di nocciola e l’altra al gusto di cioccolato inserendo tra i due strati del cioccolato fuso. Avvolse il tutto in un foglio di carta alimentare e mise a raffreddare. Ne uscì fuori un “pezzo duro” a forma di tartufo che riscosse notevole successo tra i commensali e man mano che si sparse la voce  il successo fu sempre maggiore fino ad arrivare alla notorietà per questa sua creazione.


La ricetta originale e custodita gelosamente dagli eredi di don Pippo che se la tramandano da generazioni. In molti, anche grosse  industrie, cercano di imitare il “tartufo di Pizzo che rimane però una specialità locale di quella fantastica città della Calabria tirrenica.
fonte:qui

Spaghetti con le cozze

 

 

 

Semplici e veloci bisogna solo preparare un gustoso sughetto di pomodoro fresco, insaporito con l’acqua rilasciata dalle cozze, con cui condire gli spaghetti al dente ,per finire distribuite sugli spaghetti una spolverata di prezzemolo, un piatto che profuma di mare e di una bontà infinita!!

      Ingredienti

  • Ingredienti per 4 persone:
  • 350 grammi di spaghetti Ristorante o n°8 (comunque spessi)
  • 1 chilo di cozze nere Tarantine e se non le trovate, usate quelle che riuscite a trovare, basta che non siano quelle enormi Spagnole
  • 1 spicchio d'aglio tritato finemente
  • 100 ml di olio Extravergine di oliva del territorio (un bicchiere)
  • 10 pomodorini datterini tagliati in due o spezzettati
  • 1 peperoncino sminuzzato (se piace ma non è obbligatorio)
  • Prezzemolo fresco tritato q.b.
  • Pepe nero al mulinello
   

  • Pulire le le cozze raschiando accuratamente la superficie del guscio;
  • Dopo averle lavate per bene mettere i frutti di mare in una padella e farle saltare fin quando si schiuderanno;
  • Una volta aperte, sgusciate una parte delle cozze, mettere da parte qualcuna per la decorazione del piatto;
  • Filtrare il liquido di cottura delle cozze e metterlo da parte;
  • Prendere un’altra padella far soffriggere l’aglio a fuoco dolce con un filo di olio extravergine d’oliva, quando sarà completamente dorato, eliminare l’aglio e unire i pomodorini ciliegino , insieme al peperoncino piccante e al prezzemolo tritato;
  • Mescolare e lasciate cuocere per 15 minuti circa;
  • Dopo di che aggiungere le cozze e lasciate amalgamare i sapori per qualche minuto aggiungendo ogni tanto qualche cucchiaio del loro liquido di cottura filtrato;
  • Nel frattempo cuocere gli spaghetti scolandoli al dente;
  • Aggiungere gli spaghetti al dente nella padella insieme al condimento, e ultimare la cottura amalgamando gli spaghetti con il sughetto delle cozze e tanto prezzemolo tritato..

domenica 19 febbraio 2017

Antico rito del Carnevale calabrese ''Le farse''


Non ho fatto in tempo a vivere questo antico rito lo dico davvero con amarezza perché l’ultima generazione a viverlo a Nicotera è stata quella degli anni’50. Mio padre però a suo modo mi fa immaginare quello che di bello e costruttivo non ho fatto in tempo a sperimentare. Le farse erano delle scenette scherzose che si mettevano in pratica sotto Carnevale, insomma servivano “ u tindi cacci n’cuna da testa”, magari la miseria della vita quotidiana. Era un modo per tenere in vita gli ultimi “botti” di una festa che stava perdendo la sua ilarità a favore del progresso e del consumo, e gli adulti hanno smesso di mascherarsi per portare le farse. Una tradizione che fu sempre documentata in Calabria fin dal’700 e che riuscì a resistere fino agli anni ’50. Che peccato aver perso questo rito! Alcuni studiosi come Vincenzo Dorsa sostengono che la farsa era praticata nel mondo greco-latino, testo a sfondo ironico che si ricollega al teatro popolare napoletano. Le farse sono così espressioni plebee di teatro.

Era atteso proprio per questo il Carnevale
per mangiare, ridere e fare scherzi senza che nessuno si offendesse. Tutto questo ben di Dio, durava per tutto il mese di febbraio, mese in cui venivano uccisi i maiali. I ricchi e signori del paese che per dire il vero non avevano mai trascurato le famiglie meno abbienti specie i vecchi e i bambini, in questa circostanza si elargiva con maggiore prodigalità. Ecco che in alcune farse sparse per la Calabria, Carnevale muore per eccesso di cibo simboleggia infatti la paura atavica dei Calabresi di morire di fame. Ecco che Carnevale mentre viene visitato dai medici lamenta di voler mangiare e bere ancora. Insomma vuole morire sazio! Il Carnevale Calabrese inoltre è una” contaminatio” con il Carnevale Napoletano ecco che compare Pulcinella, il Capitano, la Vecchia, il Diavolo – sul modello del Carnevale napoletano -, di Giangurgulo, ma per lo più si ricorreva a mascheramenti semplici e fantasiosi. Si usava di tutto per mascherarsi spesso “all’arrembaggio” stracci, carbone per tingersi, indumenti vecchi e non utilizzati, camici dei riti religiosi, vestiti prestati dai signori erano preziosi per mascherarsi. Le farse non erano recitate da comici di mestiere. Recitava il popolino! E spesso usciva la satira più bella, pungente e poco velate, era il momento giusto per parlare. Le farse non risparmiavano nessuno. Mettevano alla berlina un po’ tutti, signorotti compresi, ma per dire il vero anche loro, i signori, assistevano divertiti. I paesi in cui non si facevano le farse si convogliavano nei posti in cui si praticavano e la satira colpiva inesorabilmente anche loro. Anche le farse erano cultura, una forma sana fatta in dialetto e rigorosamente in piazza.


I folkloristi hanno documentato anche in Calabria le diverse fasi teatrali e drammatiche del Carnevale: il processo, il testamento, la condanna, il pianto per la morte, l’uccisione del Carnevale. A conclusione della farsa avveniva il bruciamento del fantoccio di Carnevale, e gli studiosi hanno segnalato il carattere propiziatorio ed esorcistico di tali riti. Attorno al fantoccio di paglia, portato in giro per le vie del paese, incendiato, ballavano la tarantella, al suono di strumenti di vario tipo, i mascherati ed altre persone che partecipavano al rito. Gli anni ’50 ed il benessere acquisito con la forma massiccia di emigrazione fecero perdere questo tassello fondamentale della nostra cultura. Morte nel Carnevale vengono ripescate dalla politica. Dice Vito Teti:” I comizi diventavano delle farse; le parate elettorali somigliavano spesso a un corteo carnevalesco. L’opposizione ai ricchi, agli altri, a chi comandava avveniva con un linguaggio più diretto. L’erosione dell’antica metafora significava soprattutto erosione del linguaggio allusivo, scurrile, liberato messo in atto nel Carnevale. C’era una stretta analogia tra cibo ed eros che emergeva attraverso metafore, allusioni, gesti. Esplodeva il riso carnevalesco, liberatorio e rigeneratore.


Anche per questi aspetti la letteratura è vasta. Certo, con la fine del Carnevale, dell’universo contadino tradizionale, si trasformavano i rapporti produttivi, sociali, familiari, tra uomo e donna e tra le persone, e scomparivano dall’orizzonte dei paesi anche le metafore alimentari, sociali, sessuali.” Il vecchio Carnevale quello vero ed autentico di Calabria lascia il posto a nuove forme di Carnevale, abili usare il bisogno di festa della gente.
(di Maria Lombardo)
fonte: www.senzafili.org

CALABRIA IL CEDRO SACRO





Nella zona dell’alto tirreno cosentino, uno dei più incantevoli litorali d’Italia, cresce “il frutto dell’albero più bello”: PERI'ETZ ADAR , dicono gli EBREI. Siamo nella RIVIERA DEI CEDRI, fanno parte della riviera 22 comuni compresi fra Tortora e Paola. Fra questi, per la produzione del cedro, spiccano Scalea, Santa Maria del Cedro e Diamante. Per farvi conoscere la storia e l'importanza di questo frutto vi proponiamo la lettura di un bellissimo articolo di Federica Longo, apparso nel 2013 sul sito istituzionale del consiglio regionale della Calabria, Calabria on web.
Da Cetraro a Diamante fino ad arrivare a Santa Maria: il fiore del cedro, bianco dai contorni violacei, lo vedi già nei racconti di chi le cedriere le ha vissute da bambino. Per i cedricoltori, la fioritura primaverile, quella che esplode nei campi tra aprile e giugno, è sempre una meraviglia. E il visitatore che la osserva per la prima volta è conquistato dalla suggestione del luogo. Lungo i filari di piante si sprigiona un odore particolare, insieme dolce e agre, che ti resta nelle narici e s’infila nella testa. Un profumo di sacro celebrato dai poeti di ogni epoca, come ricorda Franco Galiano, autore di tanti testi sull’argomento. Risalendo la costa, da Cetraro a Diamante fino ad arrivare a Santa Maria, le piantagioni sono allineate a pochi passi dal mare, nel mezzo delle vallate attraversate da rivoli e fiumare. Il frutto – ci spiegano i contadini – non ama il freddo e per maturare ha bisogno di temperature miti, al riparo da venti forti o sciroccosi e da gelate. È per questo che un tempo, le coltivazioni si proteggevano con le canne, oggi sostituite dalle reti. Il particolare microclima e le esclusive condizioni del terreno fanno sì che il cedro attecchisca solo in questa parte del mondo. Nella zona dell’alto tirreno cosentino, uno dei più incantevoli litorali d’Italia, cresce “il frutto dell’albero più bello”: Perì ‘etz adar,dicono gli ebrei.
Aspettando l’estate tra religione e natura. Citato per ben settanta volte dalla Bibbia, è per la religione ebraica, il frutto più prezioso. Non è un caso se i rabbini di tutto il modo, ogni estate, tra luglio e agosto, si danno appuntamento proprio a Santa Maria del Cedro. E insieme ai contadini del posto selezionano ad uno a uno i cedri migliori per la festa delle Capanne (Sukkoth). La Calabria dei contadini delle mani callose, della comunità greco-ortodosse e dei santuari cristiani che si specchiano nel mare si scopre ancora più multiculturale. Crocevia di popoli e culture. Culture diverse che nei secoli hanno trovato su questo nostro terreno un humus fecondo. Sembrerebbe, infatti, che a introdurre questa coltivazione siano stati proprio gli ebrei ellenizzati durante le loro migrazioni. La qualità più pregiata– il liscio di diamante– fiorì proprio alle foci del fiume Abatemarco, dopo la caduta di Gerusalemme.
Secondo un’antica tradizione israelita fu Dio stesso a indicare a Mosè, durante l’esodo del popolo ebraico verso la Terra Promessa, il cedro (etròg) come una delle quattro piante da utilizzare in occasione della celebrazione religiosa dei Tabernacoli o delle Capanne. Da allora, ogni anno ad ottobre, gli ebrei obbediscono a Mosè. Per una settimana allestiscono capanne nei giardini o sui balconi, vivono all’aperto. Nei sette giorni, ad eccezione del sabato, portano nella mano destra un ramo di palma assieme a due di salice e tre di mirto e nella sinistra un piccolo cedro. Il popolo ebraico – raccontano le fonti – ovunque è passato, dovunque si è fermato – nella sua millenaria diaspora, ha sempre portato con sé questo frutto sacro. Per questo non è difficile concordare con chi ritiene che siano stati proprio gli ebrei a diffondere nel mondo la coltura di questa pianta che avevano già conosciuto gli egiziani. La raccolta tra coltura e cultura. Ma il frutto usato nel rito deve essere perfetto come indicato dai testi rabbinici. Nessuno stupore, dunque, se arrivato il momento della raccolta, sono i sacerdoti ad affiancare i contadini del luogo per assicurarsi che il cedro non provenga da pianta innestata e sia perfettamente sano: non maculato e senza rugosità. Una ricerca minuziosa e attenta a cui i rabbini si dedicano personalmente fin dalle prime ore del giorno. Sono i contadini, però, che hanno l’onere e l’onore di raccogliere il frutto dalla pianta. Una raccolta faticosa che avviene stando sempre in ginocchio perché le piante sono basse e le spine dei rami acuminati. Il raccolto, come vuole la tradizione, è anche un momento di festa che richiama curiosi e turisti. Un rituale che la Calabria, terra aspra, profumata come i suoi agrumi ha l’obbligo di condividere e promuovere. Il cedro non solo come coltura, dunque, ma anche come elemento di condivisione tra religioni differenti: quella cristiana e quella ebraica, tra popoli distanti e culturalmente diversi. La Calabria come ponte e di punto di incontro tra universi che dialogano. Dalla tavola alle proprietà mediche. Oltre al mondo ebraico, la raccolta è destinata alle aziende di trasformazioni locali e il frutto viene impiegato per la produzione di liquori, creme, confetture, dolci, gelati, sorbetti. Il Consorzio regionale del cedro di Calabria – afferma il presidente Angelo Adduci – per la qualità liscia diamante ha di recente richiesto la Denominazione di origine protetta (Dop) di Santa Maria del Cedro. “L’iniziativa – continua- si propone di difendere l’autenticità del prodotto coltivato esclusivamente nella Riviera del Cedro e di dare nuovo slancio al comparto della cedricoltura affrontando una problematica – quella della richiesta della Dop – che finora non ha trovato la soluzione sperata”. Il cedro è anche apprezzato per le caratteristiche organolettiche che ne fanno un agrume dalle particolari proprietà antiossidanti. Un potente alleato contro l’invecchiamento e per il benessere fisico le cui caratteristiche in ambito farmaceutico erano già note all’autorevole scuola medica salernitana tra l’XI e il XII secolo. Nessuna meraviglia, dunque, – commenta Francesco Fazio, medico oncologo – se la Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) ha scelto proprio il fiore di questo frutto come simbolo della giornata del malato oncologico che quest’anno si terrà il prossimo 20 Maggio.
La Calabria tra terra e sogno. Il frutto dell’albero più bello ha il colore verde della speranza e la scorza dura dei calabresi. Attecchisce solo in questa parte del mondo ed è la gente di qui che di generazione in generazione si tramanda il segreto della coltivazione. I cedricoltori raccontano di avere appreso tutto quello che sanno dai padri, dai nonni. Ma nelle parole rassegnate dei più anziani: “Sono stanco di stare in ginocchio tra le spine”, “la coltivazione è troppo faticosa alla mia età” – ci dice più di un contadino – si affaccia timido anche il sogno di un riscatto. La speranza che un sapere di famiglia si trasformi finalmente in una conoscenza collettiva per non disperdersi nei rivoli del tempo. Un sapere che ha il gusto e il sapore agre e dolce del cedro. Ma che è più del cibo che mangiamo: è anche la storia di un incontro tra popoli, quello d’Israele e quello di Calabria, tra religioni, quella ebraica e quella cristiana, tra sacro e profano, tra realtà e speranza. Il frutto dell’albero della vita di cui finalmente poter mangiare senza colpa, in una logica di rinnovata alleanza che consegni al mondo l’immagine di un’altra Calabria.

LA CALABRIA PUÒ RIPARTIRE DALLE SUE RAZZE AUTOCTONE: LA CAPRA NICASTRESE




E’ proprio vero la Calabria è una terra dalle mille contraddizioni, una terra che può e deve ripartire dalle soprattutto dalle sue radici. Una delle sue peculiarità che desidero discutere col gentile viaggiatore calabrese e la capra Nicastrese, erede dell’antica Neocastrum, di origine bizantina una razza che già dal 2002 è stato istituito un Registro Anagrafico ma tutt’oggi è considerata una razza vulnerabile.



 Questa razza, originaria del territorio di Nicastro (ora Lamezia Terme), si è diffusa su tutto il territorio della Calabria grazie alla sua ottima produzione di latte. Effettivamente tale razza è allevata in tutto il territorio catanzarese poiché si adatta bene all’aspro territorio. 


Della Nicastrese sono oggi presenti poco meno di 5000 capi, allevati allo stato semibrado nei prati-pascoli calabresi per gran parte dell’anno il recupero di questa razza in grave pericolo di estinzione passa proprio attraverso la promozione e la valorizzazione di prodotti di nicchia: formaggi quali la Giuncata di capra, la carne del capretto e il pregiato sottopelo. La Nicastrese è comunque razza che si diversifica dalla altre razza calabresi come la capra Sciara, o Rustica Calabrese o di Cosenza, è una popolazione molto eterogenea con probabili influssi di sangue Maltese e Garganico.




Non essendo un veterinario mi affido alla descrizione peculiare di chi ha studiato la razza e che ha sintetizzato così:” È una capra di taglia media, i maschi raggiungono un peso di 78 kg con altezza al garrese di 78 cm, mentre le femmine hanno un peso di 46 kg e altezza al garrese di 71 cm. La testa è piccola e leggera nelle femmine, più grossa nei maschi, con profilo fronto-nasale rettilineo. Le orecchie sono di medie dimensioni, con portamento semipendente anteriore. 



Assenza di wattle sotto-mandibolare in ambo i sessi. Le corna hanno a forma di lira aperta con punte divergenti e sono generalmente presenti in ambo i sessi. Il pelo è lungo e liscio, fluente su tutto il corpo, di colore nero, con estremità, ventre, scroto, contorno orecchie, tettole (appendici cutanee pendenti sotto il collo) e specchio caudale di colore bianco; sono presenti delle tipiche striature bianche sulla testa (swiss marking).” Questa è la descrizione che il Dott. Floro De Nardo ha fatto per vari siti web e per molte riviste che privilegiano le razze autoctone.Il latte della Nicastrese (in media 260 litri per lattazione) è destinato alla produzione di formaggi tipici come la giuncata e il canestrato. 

 
Nonostante una certa ripresa numerica, questa razza è ancora in pericolo di estinzione ed ho deciso per questo motivo di riportarla alla memoria. Per salvarla, RARE propone l’avvio di nuovi programmi di tutela e di valorizzazione dei suoi prodotti (non solo il latte, ma anche i capretti e il sottopelo di tipo kasmir) attraverso, ad esempio, l’uso di marchi di qualità, come già accade in altri Paesi europei.
fonte:www.senzafili.org

venerdì 17 febbraio 2017

Bergamotto l'oro di Calabria speranza per la salute







 

VIDEO:

Calabria, il bergamotto volano per l'economia e speranza per la salute Il video qui: l bergamotto potrebbe rappresentare un volano per l'economia in Calabria. Infatti è lì che si coltiva questo agrume usato in profumeria e in medicina.
 

 La sfida è trasformare il prodotto sul territorio. Così molti giovani non sarebbero costretti ad emigrare. All'università di Catanzaro c'è un centro d'avanguardia con tecnologie avanzate dove una giovane equipe di ricercatori sta facendo studi per curare con il bergamotto patologie importanti. 

giovedì 16 febbraio 2017

A tutto vapore verso la stazione ferroviaria più alta d'Italia con Il Treno della Sila -

A tutto vapore verso la stazione ferroviaria più alta d'Italia con Il Treno della Sila - 


   

 


VIDEO :




FONTE:ASSOCIAZIONE FERROVIE IN CALABRIA

mercoledì 15 febbraio 2017

Pesce spada al forno alla Calabrese

 

 

  Ingredienti per 4 persone

  • Pesce spada (tranci)4
  • Vino bianco 1 bicchiere
  • (non trattato)1
  • Aglio2 spicchi
  • Prezzemolo2 ciuffi
  • Origano2 rametti
  • Sale Quanto basta  
 

 PREPARAZIONE 
 Il pesce spada al forno è una tipica ricetta estiva molto semplice da preparare. Ha un tipico sapore mediterraneo, proprio come il pesce spada , poiché è aromatizzato con origano e limone, di cui si utilizza non solo il succo ma anche la scorza grattugiata. Tra i molti modi di cucinare il pesce spada, la cottura al forno è tra le più pratiche perché consente di preparare il piatto impiegando pochissimo tempo e senza sforzi eccessivi. La marinata che condisce e impreziosisce il pesce spada al forno serve a conferire non solo la fragranza ma anche l’umidità necessaria per evitare che la carne diventi troppo asciutta. Il pesce spada è un alimento ottimo dal punto di vista nutrizionale vista l’alta concentrazione di proteine e vitamine, purtroppo però è tra i pesci più esposti all’inquinamento dei mari.

lunedì 13 febbraio 2017

CALABRIA-SERENATA AL MAIALE

                               SERENATA AL MAIALE
<!-- calabriain

SUCCEDE SOLO IN CALABRIA



sabato 11 febbraio 2017

La Calabria contro nuove trivelle

La Calabria contro nuove trivelle nel Mar Ionio

Il Presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio ha chiesto al Ministero dell’Ambiente di sospendere subito le autorizzazioni concesse alla società Global Med o a eventuali altri soggetti. “Ci opporremo anche in sede legale”
“Il nostro mare – si legge in una lettera inviata al Ministro-è una risorsa da salvaguardare e valorizzare. Una risorsa per alimentare lo sviluppo sostenibile”.  
 

La regione Calabria passa infatti all’attacco contro le trivelle nel mar Ionio e presenta ricorso al Tar del Lazio.CONTINUA LA LETTURA FONTE CLICCA QUI

venerdì 10 febbraio 2017

Piccantino alla calabrese







Ingredienti
Pomodori secchi
Alici
Peperoncini rossi dolci e un po piccanti
Basilico
Aaglio
Olio evo



Procedimento
Macinare i peperoncini dolci e aggiungerne qualcuno piccante, aggiungere i pomodori secchi con un po di basilico ..qualche spicchio di aglio e olio ..e frullare con qualche Alice senza ..sale e lisca ...
ideale spalmare il tutto su crostini,bruschetta ed anche come condimento per la pasta(spaghetti)
fonte:qui

giovedì 9 febbraio 2017

Dall’agroalimentare, ai distillati, all’industria dolciaria, all’editoria: la Calabria vista attraverso le storie imprenditoriali di successo.


Esiste più di un motivo che ha spinto il New York Times a inserire la Calabria fra le 52 mete da visitare nel 2017. Sicuramente la ristorazione, l’accoglienza e i prodotti tipici sono simboli distintivi della regione e possono attrarre turisti da tutto il mondo, ma ciò che è necessario sottolineare quando si parla della Calabria è soprattutto un tessuto imprenditoriale d’eccellenza, parte fondante della storia calabrese che ora punta anche sulle start up.
cipolle tropea

 
Un modello di sviluppo sostenibile su cui puntare.
Una delle punte di diamante della Calabria è l’agricoltura biologica, in particolare nel settore vinicolo, grazie alla scoperta e alla valorizzazione di vitigni autoctoni come il magliocco, il mantonico bianco, il gaglioppo e il greco. A conferma di ciò, sono ben sei le etichette di vini calabresi premiate a Milano in occasione della presentazione di “Vitae – La Guida Vini 2017” dell’Associazione Italiana Sommelier.
Oltre al settore vinicolo, i prodotti calabresi ottengono importanti riconoscimenti – anche internazionali – in diversi ambiti. È il caso, ad esempio, dell’Amaro del Capo prodotto dalla Distilleria Fratelli Caffo, fondata nel 1915 (quasi 40 milioni di euro di fatturato annuo nel 2015, fonte Radiocor - Il Sole 24 Ore), vincitrice della medaglia d’oro nel corso della Spirits Selection 2016, svoltasi a Tequila City in Messico, nota come l’Olimpiade dei superalcolici.
Un’altra azienda di antiche origini, saldamente ancorata al territorio e con un respiro internazionale è la Giacinto Callipo (46 milioni di euro di fatturato annuo nel 2015, come comunicato da Il Sole 24 Ore), che da oltre cento anni produce tonno e conserve ittiche, la cui alta qualità è garantita dalla lavorazione effettuata rigorosamente a mano nello stabilimento di Maierato, in provincia di Vibo Valentia.

Inizia addirittura nel 1731, invece, la storia di Amarelli Liquirizia di Rossano Calabro (circa 4 milioni di euro di fatturato annuo nel 2015), una perla dell’imprenditoria calabrese che ha saputo coniugare tradizione e innovazione per conquistare i mercati internazionali. La gamma dei prodotti Amarelli comprende tutto ciò che si può ricavare dalle radici della liquirizia, dal semplice bastoncino di legno grezzo ai liquori, birra, grappa, cioccolato, biscotti, ai prodotti per la cura del corpo. All’azienda va anche il merito di aver diffuso una vera e propria cultura della celebre radice: il Museo della liquirizia Giorgio Amarelli ha addirittura ricevuto nel 2001 il premio Guggenheim per i musei aziendali, e in Italia è la seconda attrazione di questo tipo più visitata d’Italia dopo il Museo Ferrari a Maranello, secondo una ricerca condotta dal Touring Club Italiano.
amarelli
Dove si fa cultura e nascono nuove imprese.
A coniugare impresa e cultura in Calabria ci pensa anche Rubbettino Editore (circa 7 milioni di euro di fatturato annuo), che vanta un catalogo di circa 6.500 titoli e una produzione annua di circa 400 novità. Specializzata in saggistica in materia di economia, politica e scienze sociali, Rubbettino è apprezzata a livello nazionale per la collana “Biblioteca austriaca” che ha tradotto i classici del pensiero austriaco liberale, talora inediti nel nostro Paese.

Le storie degli imprenditori storici che hanno contribuito a consolidare il patrimonio imprenditoriale calabrese si mescolano, ora, con le scelte di una nuova generazione che continua a puntare sul territorio. Se il principale motivo del successo calabrese è la qualità del cibo, grazie anche a rinomati prodotti tradizionali come la soppressata, la cipolla rossa di Tropea e il peperoncino, non è un caso che un gruppo di giovani chef abbia deciso di fare squadra riunendosi sotto il cappello Cookin Soon, un progetto che si propone di valorizzare il patrimonio culturale, artigianale e umano dell’agroalimentare calabrese. La tradizione della ristorazione, d’altronde, è un valore che anche il New York Times ha promosso parlando di eccellenze come il Ristorante Abbruzzino di Catanzaro, il Ristorante Ruris di Capo Rizzuto e il Dattilo di Strongoli.
Cibo, turismo e non solo. I giovani talenti calabresi possono inoltre trovare concrete opportunità e sostegni per fare impresa all’interno di Technest, l’incubatore di start up lanciato nel 2010 dall’università della Calabria, di cui fanno parte i Contamination Lab, luoghi – fisici e virtuali – di contaminazione tra studenti e laureati di discipline diverse per promuovere la cultura dell'imprenditorialità, dell'innovazione e del fare. Qualcosa si muove, quindi. Anche al sud.





ristorante

Fonte:www.borsaitaliana.it

lunedì 6 febbraio 2017

Oggi possiamo ammirare ''La costa degli Dei in Calabria''

La costa degli Dei in Calabria, mare meraviglioso e spiagge bellissime tra capo vaticano e Tropea










Riprese di Michele D. www.seasports.it
Ecco il filmato:

domenica 5 febbraio 2017

Pomodori gratinati alla calabrese


   

    Ingredienti

    Prezzemolo 2 cucchiai
    Pepe nero q.b. • 255 kcal
    Sale marino q.b.
    Olio extravergine di oliva q.b.
    Pomodoro 4 • 15 kcal
    Pangrattato 55 gr • 351 kcal

   I pomodori gratinati sono un contorno della tradizione mediterranea e una ricetta facile e veloce.

Al forno
Tritate finemente prezzemolo e aglio su un tagliere. Unitelo in una ciotola con il pangrattato e il grana grattugiato o il pecorino e mescolate bene. Potete utilizzare anche un mixer per frullare il tutto e ottenere un risultato più omogeneo. Intanto lavate, tagliate a metà  e svuotate della polpa i pomodori. Eliminatene anche tutti i semini. Adagiateli su una teglia unta con un filo d'olio e farciteli con il ripieno a base di pangrattato. Salate, pepate e fate cuocere in forno a 200 gradi per almeno 15 minuti.
In padella


Se non volete accendere il forno, potete cuocere i vostri pomodori gratinati in padella. Il procedimento per preparare la gratinatura è sempre lo stesso: mescolate in una ciotola il pangrattato, parmigiano, prezzemolo, aglio finemente tritato e olio. Tagliate a metà i pomodori, svuotateli con un cucchiaio e mettete la polpa nella ciotola. Cuocete in una padella i pomodori, usando mezzo dito di acqua e fino a che non sia completamente evaporata. I pomodori non devono essere cotti per troppo tempo. Prendete, adesso, la panatura, che è stata mescolata prima all'interno della metà del pomodoro, e la fate cuocere, a fuoco alto, in una padella antiaderente per alcuni minuti senza farla bruciare. Riempite, infine, i pomodori con la panatura e fate cuocere, ancora per qualche minuto, nella padella con un coperchio.

Consigli

Per realizzare pomodori gratinati perfetti potete usare i pomodori grossi e maturi ma anche i pomodorini perini. Possono essere serviti come contorni da accostare a secondi sia di carne che di pesce. Per arricchire la pietanza, potete insaporirla aggiungendo foglie di menta o erba cipollina. Accompagnateli con una fresca insalata.

fonte:qui






venerdì 3 febbraio 2017

Bloccato il provvedimento per l'abbattimento dei lupi



 
Il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, che nei giorni scorsi era intervenuto presso il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini per esprimere la propria contrarietà al provvedimento che prevedeva l'abbattimento dei lupi, stamane ha diffuso una nota in cui si legge:




“Ringrazio il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini per aver proposto e ottenuto dal Ministro Galletti il rinvio del provvedimento di abbattimento dei lupi, al fine di studiare possibili alternative.
Confermo –conclude Oliverio- la mia contrarietà a misure di abbattimento di questa specie protetta. Si tratta semmai di assumere iniziative diverse a tutela degli allevatori”.
REGIONE CALABRIA
UFFICIO STAMPA DELLA GIUNTA

Fonte:qui

Olanda protagonista la Calabria con olio, liquori e succo di clementine


 
Turismo esperienziale, la morbidezza al palato dell’olio ottenuto dalla cultivar DOLCE DI ROSSANO, Città dell’Olio e terra di ulivi secolari; concentrata in un bicchiere di liquore, tutta l’essenza ed il profumo del bergamotto, tra le piante coltivate nel proprio orto da un giovane imprenditore di CARIATI, tra i diversi esempi di ritorno alla terra promossi da Slow Food; così come lo è il succo 100% di clementine accarezzate dal sole della Valle rossanese del Colagnati, simbolo di un’esperienza imprenditoriale tutta al femminile.

Alcune delle piccole, grandi storie di autenticità di cui è ricco il vasto territorio della Condotta Slow Food POLLINO SIBARITIDE ARBERIA sono state protagoniste al LITTLE ITALY – TASTE & TRAVEL, l’evento dedicato all’enogastronomia ed ai turismi tenutosi nei giorni scorsi ad AMSTERDAM, in Olanda.
A promuovere e coordinare la partecipazione dei produttori locali all’importante evento fieristico nei Paesi Bassi è stato TERRE LENTE, originale iniziativa del giovane imprenditore calabrese e membro del comitato territoriale di Slow Food Luigi PUCCIANO, che da qualche anno si occupa della valorizzazione e commercializzazione in Olanda dei prodotti Made in Calabria.

Per approfondirela notizia CLICCA
http://www.strettoweb.com/2017/02/la-calabria-protagonista-in-olanda-con-olio-liquori-e-succo-di-clementine/508880/

12enne ricoverato in ospedale dopo aver bevuto acqua minerale

Un ragazzo di 12 anni dopo aver bevuto acqua minerale ha accusato forti dolori allo stomaco e all'esofago.

 

Un ragazzo di 12 anni è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale di Locri dopo che ha bevuto una bottiglia di acqua minerale acquistata in un supermercato. Il giovane dopo aver fatto allenamento insieme ad alcuni suoi amici in una scuola calcio è ritornato nella propria abitazione e per dissetarsi ha aperto la bottiglietta precedentemente acquistata e l'ha bevuta.
 

 Dopo pochi minuti però, si sono presentati alcuni sintomi abbastanza gravi. Infatti ha accusato forti dolori allo stomaco e all'esofago. Per questo motivo è stato necessario trasportarlo d'urgenza all'ospedale di Locri dove i medici hanno cercato di prestargli le prime cure. Anche la madre del giovane aveva bevuto pochi sorsi di acqua della bottiglietta e anche lei ha accusato sintomi simili.CONTINUA LA LETTURA CLICCA QUI

fonte:it.blastingnews.com