La leggenda della Dragunara della Costa Viola




 

La vita di uomini e donne della Calabria è da sempre legata al Mediterraneo, il Mare Nostrum dove sono nati i miti, le leggende e le storie più antiche e affascinanti di tutti i tempi.
E le donne di mare, da sempre madri e mogli di marinai e pescatori spesso lontani da casa e quindi abituate a gestirsi in maniera autonoma, hanno sempre avuto un ruolo importante nella società calabrese. Tuttora le abitanti della meravigliosa Costa Viola, da Scilla a Bagnara fino a Palmi, sono famose per la loro fierezza e il loro spirito di autonomia e d’intraprendenza e sono capaci, oggi come allora, di provvedere a tutto.


A Palmi ad esempio, secoli fa, si credeva ad un’antica leggenda secondo la quale le trombe marine sono creature magiche fatte di acqua e di vento, figlie della «Dragunara», la donna drago, uno dei tanti mostri marini che popolano gli abissi del Mediterraneo. La «Dragunara» di tanto in tanto sfoga la cattiveria scagliando le sue trombe marine e non teme nulla, tranne i coltelli e certe parole che solo alcuni esseri umani sanno pronunciare per sconfiggerla: le donne di Palmi.
Le palmesi, quindi, non appena sulla linea dell’orizzonte s’intravvedeva cuda d’arrattu, coda di topo, e cioè il profilo minaccioso d’una tromba marina, guidate da una di loro dotata di poteri magici, correvano sulla spiaggia impugnando nella mano destra un coltello a punta col manico d’osso bianco e con esso sciabuliavanu ‘u celu (squarciavano a coltellate il cielo) con larghi e decisi fendenti.


La «comandante» puntava il coltello contro la tromba marina e le urlava: Luni esti santu/ marti esti santu/ merculi esti santu/ juovi esti santu/ vennari esti santu/ sabato esti santu/ duminica è di Pasca/ cuda e rattu casca; e ogni volta che diceva esti santu tracciava in direzione della tromba una croce, subito imitata dalle altre donne; poi, quando arriva a duminica è di Pasca/ cuda d’arrattu casca vibra un fendente da destra a sinistra e un altro dall’alto in basso, squarciando così la «Dragunara».
Annamaria Persico
Fonte: www.reportageonline.it

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