Inutili i sistemi hi tech installati e inutilizzati. L’immagine dei due reperti viene invece utilizzata per ogni genere di pubblicità, dai fumetti porno al teatro
Gracilissimi,
delicatissimi, fragilissimi. Ricordate gli inorriditi rifiuti, negli
anni, alla sola ipotesi di prestare i Bronzi di Riace al Metropolitan,
al Louvre o all’Expo? No: «Devono restare a Reggio Calabria, monitorati
attimo per attimo dai più sofisticati e avveniristici sistemi di
controllo». Sistemi installati, pagati, mai entrati in funzione. Il
tutto sotto gli occhi di un direttore del museo e di sei (sei!)
soprintendenti ruotati in due anni come una giostra impazzita. La
clamorosa denuncia, che umilia quanti si erano spesi con tutte le loro
forze e la loro perizia scientifica per dotare delle migliori tecnologie
le preziose statue greche ritrovate nelle acque davanti alla spiaggia
di Riace nell’estate del 1972, arriva da un servizio di Silvia Mazza su Il Giornale dell’arte di Umberto Allemandi. Una rivista che tutto è tranne un giornale scandalistico in cerca di scoop.
Spese triplicate per il restauro.
Ma partiamo dall’inizio. Siamo a cavallo tra il primo e secondo decennio del nuovo secolo. I Bronzi, venerati come icone destinate a far piovere acquazzoni di denaro sul turismo calabrese, ma sfruttati via via per le cose più strampalate e demenziali, dalla pubblicità delle uova reggine («uova grandissime!») a quelle di una festa della birra («Gli sbronzi di Riace»), dal teatro (bronzo con la mascherina) fino a una serie di porno-fumetti, sono sdraiati nell’androne del palazzo Campanella in attesa di tornare nel vecchio museo progettato da Marcello Piacentini.
Ma partiamo dall’inizio. Siamo a cavallo tra il primo e secondo decennio del nuovo secolo. I Bronzi, venerati come icone destinate a far piovere acquazzoni di denaro sul turismo calabrese, ma sfruttati via via per le cose più strampalate e demenziali, dalla pubblicità delle uova reggine («uova grandissime!») a quelle di una festa della birra («Gli sbronzi di Riace»), dal teatro (bronzo con la mascherina) fino a una serie di porno-fumetti, sono sdraiati nell’androne del palazzo Campanella in attesa di tornare nel vecchio museo progettato da Marcello Piacentini.
Restauro che dovrebbe finire per il 17 marzo 2011, l’atteso
Centocinquantenario dell’Unità d’Italia e che invece permetterà il
ritorno delle statue solo il 6 dicembre 2013. Dopo una serie di rincari
che porterà la spesa complessiva da 11 milioni e mezzo di euro a oltre
32. Quasi il triplo.Spese triplicate per il restauro.
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